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Armando Codispoti Chef cosmopolita per passione

Armando Codispoti Chef cosmopolita per passione

Cosmopolita di vocazione e di mestiere, Chef Armando Codispoti, ha all’attivo numerose esperienze in tutto il mondo che gli hanno permesso di arricchirsi di conoscenza e sapori, gusti e abbinamenti. Nato a Catanzaro, cresciuto a Firenze, Bologna e Londra, è un autodidatta, che ha lavorato in venti Paesi diversi, assaggiando le cucine di quarantasei nazioni. Appassionato di “Itameshi” la corrente di cucina italiana di influenze nipponiche. “Ci sono molte similitudini tra le due tradizioni”, ha dichiarato recentemente: “pensiamo solo al sushi all’italiana, introdotto da Gualtiero Marchesi. Ci lavoro da tempo, facendo attenzione a elevare la nostra cucina evitando, come spesso accade, sgradevoli miscugli”. Dopo l’esperienza al consolidato ristorante Gavi passa all’Osteria Rossini, sempre a Beirut, dove propone un nuovo concetto di cucina italiana all’interno del Phoenicia Hotel.

La filosofia culinaria e cosmopolita di Armando Codispoti esalta la cucina classica Italiana, con un tocco di modernità e ingredienti di altissima qualità. Lo Chef, usa delle spezie locali che esaltano i piatti proposti, mai a discapito dell’italianità, regalando sapori e gusti che danno un’impronta unica ad ogni piatto. Il rispetto della stagionalità e le tecniche di cottura moderne, conferiscono alle sue creazioni ogni un’esperienza sensoriale che affascina la clientela internazionale, politici e uomini di affari, sono spesso ospiti dell’hotel dove Armando cura personalmente tutti i menù.

Con una solida preparazione alle spalle, un profondo amore per la cucina italiana e calabrese, ha acquisito una singolare abilità nel far interagire i colori e sapori dei diversi Paesi, dove ha operato anche come chef consulente. Curiosità, creatività e ricerca, descrivono il suo stile, originale e molto innovativo.

Codispoti, dopo aver lavorato con insetti e fitoplancton, sta sperimentando la spirulina blu e verde, perché una delle sue ultime passioni è lo sviluppo della cucina “anti aging” (anti età). A breve aprirà un nuovo ristorante a Milano.

Beirut, per scelta o per caso?

Ne per scelta ne per caso, sicuramente non sarà la mia destinazione finale. Tutte, si sono susseguite per “destino”. Convinto dalla serietà degli investitori e da un progetto che includeva tre ristoranti e tre tipologie di cucina; Italiana nel Gavi, italiana – giapponese, nel Kampai e italiana – asiatica, nel NI. Indubbiamente incise il nuovo ruolo offerto alla mia carriera; “Corporate Chef”. Dopo tre anni passati a gestire le cucine, con un’affluenza di 500 clienti al giorno e dopo aver conseguito i vari riconoscimenti ottenuti; “I 70 migliori ristoranti con pizzeria Italiani nel mondo” – Ristorazione italiana Magazine, nominato tra i 5 Chef Italiani presenti sulla guida – “Chic” – charming italian chef extra Italia, decisi di lasciare “Kampcatering”.

Oggi lavoro al Phoenicia Hotel di Beirut (Intercontinental 5 Stelle) dove come “Chef Consulente” mi occupo direttamente dei menu delle prominenti personalità politiche ospiti dell’hotel, tra le quali, Primi Ministri e Capi di Stato in visita ufficiale in Libano. Gestisco direttamente l’Osteria Rossini, che ho creato lo scorso Ottobre 2018, oggi, già tra i “Melius”, i 100 migliori ristoranti Italiani nel mondo.

Tra i tuoi innumerevoli mentori, quali ti hanno ispirato maggiormente?

Senza dubbio Gualtiero Marchesi all’Alma, mi ha insegnato la disciplina, l’eleganza, le tecniche e la mentalità dell’alta cucina.

Alberto Bettini, chef patron di “Amerigo 1934” a Savigno sui colli Bolognesi, ha cambiato il mio modo di pensare. Mi ha insegnato l’evoluzione, la trasformazione dei prodotti del territorio, l’importanza di mantenere le tradizioni senza scendere a compromessi avvantaggiandosi con le tecniche innovative.

Mi ha insegnato consolidare la totale conoscenza delle materie prime usate, come il tartufo bianco e nero.

Da Catanzaro al giro del mondo in più di 80 cucine, parlaci di questo percorso

Ho iniziato a Londra da giovane, aiutato da una folle coscienza o meglio dire incoscienza.

La vita del cuoco può essere solo definita così! Una professione che ti evolve solo se sacrifichi tutto senza compromessi, non puoi mai smettere di studiare, devi avere doti di un p.r., capacità manageriali e parlare almeno tre lingue. Una volta acquisito, ho iniziato a lavorare nei ristoranti stellati, passando in seguito alla catena di Hotel Marriott in Kuwait, Dubai e viaggiando spesso per consulenze in Bahrein e Giordania. Molti gli stage in Tailandia, Vietnam e Cambogia. Seguiranno quelli nei Caraibi Bahamas, Jamaica, Messico e Brasile per la catena internazionale Sandals Resorts.

Rientrato poi in Europa; Spagna, Bratislava e Praga. Credo sia chiaro che non mi considero mai “sazio” delle esperienze di “sapere e sapori”.

La tua cucina calabrese, una reminiscenza oppure è parte attiva della tua costante evoluzione?

Il gusto si affina da piccoli, quindi la cucina Calabrese gioca un grande ruolo in ogni mio piatto. Anche se ormai ho acquisito la filosofia “cosmopolitan food”, evolvo i gusti classici, sempre con riguardo ai valori nutrizionali ma aggiungendo un’impronta moderna, a volte azzardata, usando la nduja abbinata alla spirulina.

A parte quella Giapponese, quali sono le altre cucine che ti hanno più gastronomicamente influenzato?

Attualmente l’influenza Libanese sta prendendo il sopravvento nelle mie attuali proposte nel menu. La lunga marinatura delle carni, usando lo yogurt e il kiwi, con la cottura finale al carbone. Molti gli sono ingredienti giapponesi ai quali non posso rinunciare, anche se alla base della mia cucina si riscontrano influenze caraibiche, asiatiche, spagnole e sud americane.

Sinceramente non riesco a fermare la sperimentazione degli abbinamenti, a volte sorprendenti, come un uovo servito con una fondue al Parmigiano, kizami wasabi, tartufo bianco e summak oppure come l’ostrica con cioccolato bianco tiepido e noce moscata.

Quale sarà il tuo progetto futuro, quando deciderai che è giunto il momento, di ritirarti dalle cucine del Mondo?

Oggi, Beirut a parte, sono impegnato in un nuovo progetto di ristorazione “live” ad Amman, dove presenteremo sia cucina Italiana che Libanese, a febbraio 2020 farò l’apertura.

Vorrei aprire a Milano qualcosa di inedito, con il mio socio ed amico Federico, ci siamo quasi.

Ritirarmi dalle cucine del mondo? Non ci penso proprio, non ci potrà mai essere un vero ritiro da questo meraviglioso business dello Chef Italiano all’estero. La nostalgia sarebbe troppo grande, la crescita e l’ispirazione culinaria potrebbe seriamente risentirne, non se o quando questo potrà veramente accadere.

Articolo e intervista di Maurizio Pelli, Co Publisher

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