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Delphine Veissiere, dalle Grandi Banche d’Affari allo Champagne, intersecanti passioni

Delphine Veissiere, dalle Grandi Banche d’Affari allo Champagne, intersecanti passioni

Delphine Veissiere Monti, parigina, classe 1968, si laureò alla “Università Paris II-Assas nel 1991.

Appassionata e amante dei Grandi Vini e degli Champagne d’Autore, Delphine è un’imprenditrice seriale. Oggi vive e lavora a Parigi, dopo anni residenza in Italia è una multitudine di viaggi attorno al mondo, dedicati alla promozione dei vini italiani pregiati sui mercati internazionali. Laureatasi dottoressa in “Ricerca in Economia Aziendale”, frequentò il “Politecnico di Milano” e in Francia l’università “Paris-Dauphine”. Delphine iniziò la sua carriera professionale nei “front office” delle banche d’affari milanesi, dalla “Banca Leonardo” alla “Intesa San Paolo” passando dal “Mediocredito Centrale” in qualità di analista finanziaria nel settore “sell side/buy side”.

Costituì due aziende in Italia: una società di importazioni di champagne d’eccellenza e una di una consulenza d’affari e sviluppo commerciale internazionale. Dopo la crisi finanziaria degli anni 2007- 2008, ritornò a Parigi e creò una terza azienda, una “Start Up” della Fintech, specializzata negli investimenti alternativi “private equity” beni come i vini rari e altri beni di lusso. Nonostante le sue scelte lavorative siano ormai orientate esclusivamente nel settore della finanza del mercato internazionale, Delphine non dimentica la sua anima di “wine-picker” e la sua grande passione per il buon vino, che la spronano a combattere e contrastare il pensiero unico comune del “money buy taste”. Per lei, il vino si vive e racconta, non si limita alle valutazioni di un prezzo dichiarato su uno scaffale.

Stilò la guida dei vini italiani (600) di Gilbert&Gaillard, collaborato con il gruppo RCS fu giudice internazionale per l’OIV (International Organisation of Vine and Wine) e del International Wine Challenge di Londra.

Delphine è una sommelier AIS Milano e diplomata al WSET (Wine & Spirit Education Trust).

Secondo Delphine, un vino, anche se a volte può risultare eccezionale non deve essere per forza caro e vice versa, bisogna essere in grado di saperlo apprezzare e prezzare adeguatamente, nel rispetto della classe delle icone come “Château d’Yquem” e gli altri Champagne delle “Grandi Maison”. “Il marketing è un mestiere, il gusto è un dono acquisito, che si esercita nel tempo, degustazione dopo degustazione. Bere e mangiare è un piacere, che fa parte dell’art de vivre che si impara sin da piccoli, si consolida con il tempo e mai si dimentica”.

Delphine ama la cucina “brute” abbinata agli champagne “pas dosés” (non dosati) che esprimono il terroir gessoso dell’omonima regione. Se le chiedete qual è lo Champagne che più l’ha emozionata vi risponderà: “Champagne Bollinger Vieilles vignes françaises 1999, sorseggiando a suo tempo, ai piedi del maestoso Monte Cervino”.

Ebbi il piacere e la fortuna di conoscere Delphine, quando nel 2014 cercavo un sommelier per il suggerimento vini della seconda edizione del mio primo libro “Fettuccine Alfredo, Spaghetti Bolognaise & Caesar Salad”. Inizialmente, solo virtualmente, in quanto ci conoscemmo su un social network. Allora Delphine aveva da poco fondato “L’Ecole du Champagne” a Milano, era come sempre molto impegnata e costantemente in viaggio, nonostante, riuscì a stilare la sua particolare non convenzionale e inedita “suggestion wine” che venne apportata al libro.

L’anno seguente, Rosario Scarpato, cercava un sommelier indipendente in occasione del “Italian Cuisine & Wine Wolrd Summit 2015”. Proposi Delphine, così divenne la sommelier uffiale del Summit 2015 e del 2016 e finalmente ci conoscemmo di persona. Con grande piacere, colgo l’occasione per annunciare ai nostri lettori che Delphine Veissiere, da questa Edizione Estate 2021, sarà una nuova corrispondente della rubrica “Champagne” di Beyond Taste – Oltre il Gusto Magazine.

Dalla “Ricerca Economica Aziendale” alle Maison du Champagne, il passo è breve?

Il passo non è stato breve come si potrebbe pensare. Infatti, per aprire il mercato italiano agli Champagne dei Vigneron, ho dovuto elaborare una strategia di mercato vincente ereditata dagli studi fondamentali di valutazione delle coppie mercato/azienda che ho svolto come analista Equity del settore Food & Beverage europeo. Quando fondai l’Ecole du Champagne strutturai una rete nazionale di agenti, per diffondere la cultura dell’abbinamento alla cucina italiana, proponendo anche un servizio di regalistica unico e su misura per le grandi aziende in collaborazione con alcuni produttori e Maison. Di fatto, non ho mai lasciato la ricerca in economia aziendale, avendo in publicato in parallelo articoli di ricerca presentati all’OIV e all American Association of Wine Economists che sono disponibili sulla piattaforma Researchgate dedicata ai lavori dei ricercatori universitari nel mondo. Infine, ho insegnato per anni Strategia di marketing del vino al MIB di Trieste e al Master internazionale dell’Ecole du Management di Strasburgo.

Dai “front office” delle Grandi Banche d’Affari milanesi a “wine picker” nelle piccole, quasi sconosciute cantine, sempre di ricerca di tratta?

Incontri, degustazioni, coinvolgimento nelle scelte degli assemblaggi e dosaggi dai produttori di champagne. Un’immersione completa è stata necessaria per capire villaggio dopo villaggio le caratteristiche organolettiche dei vini di questo terroir del nord a due passi da Parigi. 

Insomma, un ambiente e un’atmosfera molto diversa dai front office superattivi. Pertanto, la competizione tra gli importatori è serrata e richiede un potere di negoziazzione molto significativo con ciascun vignerons selezionato per poter accedere alle migliori cuvée e millesimati straordinari prodotti in Champagne.

Milano o Parigi?

Parigi è la mia città natale, di conseguenza, è per me la città più bella del mondo! Città internazionale e ricca, Parigi è un luogo di grandeur dove si respira, dove è facile inamorarsi. Purtroppo oggi Parigi è in grande pericolo. Il potere politico attuale, ossia la stravagante sindaca, peraltro rieletta dagli stessi parigini la maltratta. Parigi si imbrutisce mese dopo mese da diversi anni con la sua impietosa ignoranza e la mancanza di cura della bellezza architetturale e della viabilità. Come rimanere insensibili a tutti questi lavori lasciati incompiuti, che hanno conseguentemente aumentato il traffico e il livello di inquinamento. Certo che anche le distruzioni urbane accadute duranti gli scioperi e le altre manifestazioni dei gilet jaune, prima della comparsa della pandemia, hanno contribuito ad aggravare ulteriormente la situazione. Perciò posso dire che oggi Milano mi manca per la sua mantenuta “art de vivre”, la moda cosi viva e futurista senza dimenticare la creatività della sua ristorazione, rimasta comunque autentica; non compromessa delle logiche finanziarie nocive.

Stilare la guida dei 600 migliori vini italiani per Gilbert&Gaillard, è concesso solo ai sommelier totalmente indipendenti?

Selezionare 600 vini richiede una ferrea disciplina che si apprende praticando in qualità sommelier e participando ai concorsi internazionali, dove i degustatori provengono da tutto il mondo.

L’indipendenza, la conoscenza del territorio e l’allenamento sono essenziali. Non esiste un gusto giusto o sbagliato. Deve essere esercitato, non si tratta di bere ma di degustare in condizioni ben precise che sono; il luogo, la temperatura, la luce, la calma e la messa a disposizione di bicchieri perfetti. Ogni degustazione, per essere imparziale, deve essere svolta alla cieca e ogni vino merita il suo momento di dedizione. Meglio in binomio che da solo lavorando per denominazioni e terroir. Sono Sommelier AIS Milano e diplomata del WSET di Londra, cresciuta con il gusto della cucina e grandi vini francesi.

Il più caro, non è detto che sia il più buono. È una filosofia, solo per chi ha conoscenza e competenza nel settore o esiste un metodo di avvicinamento anche per gli appassionati?

Se sì, sarebbe il caso di scrivere un manuale?

La valutazione “buono o cattivo” è personale. Molte persone non sanno giudicare perchè non hanno un metodo di giudizio e non sono abituate a dare valutazioni. Il vino, spesso è scelto come accompagnamento al cibo e non vice versa. Un famoso sommelier italiano nel suo ristorante parigino propose una carta, dove il vino doveva essere scelto prima del cibo, purtroppo chiuse la sua attività!

Il prezzo è un’indicazione sociale per gli amanti del vino con scarsa conoscenza dei suoi possibili abbinamenti al cibo. Rassicura e garantisce (teoricamente) di fare bella figura a cena o per un regalo particolare. Scegliere bene senza guardare il prezzo, di fatto, è pratica riservata ai grandi conoscitori e ai collezionisti di vini rari. Scrivere un manuale, decriptando le caratteristiche intrinseche di valutazione, potrebbe essere molto divertitente. Vorrei utilizzare un “tool” che abbiamo sviluppato per le grandi aziende innovative a questo scopo, per poter creare quello che manca al settore dei vini italiani di grande pregio rispetto ai grandi Chateaux di Bordeaux. Ne parliamo quando vuoi!

Alla fine, la tua passione per la finanza ha sopraffatto quella per il vino o con le “private equity” sei riuscita riuscita a trovare un punto d’incontro?

La finanza fa parte del background della mia intelligenza imprenditoriale che dà vita ai progetti per i quali mi appassiono. Il vino è una passione che ho voluto inserire in un business che fu in voga in Italia negli anni 2000. Ora, un nuovo punto d’incontro si sta profilando attraverso la gestione dei portafogli d’investimento che stiamo costruendo nella piattaforma “Wedgeinvest” sviluppata dalla mia ultima azienda parigina Finwedge. Di fatto, il vino è un bene vivo e raro che viene acquistato per due ragioni:

la prima è quella del consumo quotidiano o occasionale per feste e incontri speciali, la seconda riguarda

i grandi collezionisti, spesso asiatici o americani, che investono nei grandi vini per accedere a delle

performance finanziarie superiori a quelli proposti dai prodotti (equity, bond, fondi o dervati) scambiati

sui mercati quotati come l’Italian Stock Exchange, per esempio.

La pandemia in corso è riuscita a cancellare e posticipare a tempi migliori quasi tutti gli eventi del mondo del vino. Oggi, è più fiorente business convenzionale o quello online?

La pandemia ha accelerato la digitalizzazione di tanti business in diversi settori. Di fatto, ha permesso di accelerare le transazioni e gli scambi di merci, vini e altro a livello mondiale.

Al momento, non è ancora in grado di eliminare tutti gli intermediari superflui e costosi (solo la tecnologia blockchain potrà permettere questo passo senza che possa diventare il mercato dei contraffattori) e non ha sostitiuto le relazioni umane che in ogni caso sono indispensabili.

Il fatto è che un vino non è digitalizzabile come puo essere un brano musicale. Certo, il robot degustatore già esiste, ma non sarà mai in grado (anche se molto allenato dagli algoritmi) di tradurre una sensazione, un’emozione, un momento dedicato al vino.

Cuisine “brute” e Grandi Champagne, un’attrazione fatale?

Sì, è proprio il termine giusto. Si tratta di un’attrazione fatale per degli abbinamenti di eccellenza con delle preparazioni culinarie che utilizzano delle materie prime pure, i condimenti giusti e una cottura perfetta. Tempo fa creai un “bar à champagne” attinente all’eccellente ristorante “Arti d’Oro” nel cuore di Milano, a due passi dal “Castello Sforzesco”, avventura che purtroppo si arenò con la crisi del 2008.

Mi riservo la possibilità di riproporre questo progetto in un luogo insolito, forse un lungomare di una località sulle coste italiane.

di Maurizio Pelli
fotografia di Delphine Veissiere

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