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Aci Trezza

Aci Trezza

Articolo e fotografia di
Vittorio Sciosia

L’aria di questa fine di Novembre è ancora calda qui in Sicilia, specialmente al riparo della grande mamma Etna, “la montagna”, il vulcano che domina il territorio con i suoi oltre 3000 metri d’altezza e che per la gente del posto si declina rigorosamente al femminile. Un vulcano che ha una parte attiva e costante nella vita di tutta la Sicilia e in particolare del territorio su cui insiste, quando si scrolla di dosso un pò di polvere e soffia fuoco, fiamme e lapilli Siamo nella zona di Aci Trezza, nell’area settentrionale di Catania. In questa zona sono diversi i centri i cui nomi sono una combinazione ricavata dal suffisso Aci come Acireale, Aci Castello, Aci Catena e, per l’appunto, Aci Trezza. Si dice che Aci fosse un dio della mitologia Greca, un pastore di cui si innamorò la ninfa Galatea: Polifemo, che amava Galatea, uccise Aci schiacciandolo con un enorme masso e dal suo sangue ebbe origine il fiume Aci. Oggi il fiume è scomparso, ma la parola”Aci” è utilizzata ancora oggi per indicare alcune delle più belle località della costa orientale.

Aci Castello, la più vicina a Catania delle “Aci”, è un antico villaggio di pescatori situato in un piccolo golfo, ai piedi di una scogliera dove, nel 1076, venne costruito l’antico Castello Normanno.
Il castello, che sorge su un promontorio di roccia lavica a picco sul mare accessibile solamente attraverso una ripida scalinata e un ponte panoramico, ospita oggi il Museo Civico che conserva alcuni reperti archeologici e naturalistici del Monte Etna e, nel cortile del Castello, si trova anche un piccolo orto botanico. La vista ripaga dello sforzo della salita grazie al panorama offerto dalla scogliera a strapiombo sul mar Ionio. Una delle frazioni di Aci Castello è Aci Trezza, famosa per gli iconici faraglioni che dominano il panorama del villaggio. La leggenda dice che i faraglioni che sorgono di fronte al borgo di Aci Trezza furono lanciati in mare dal Ciclope Polifemo, ancora lui, accecato da Ulisse con uno stratagemma per coprirsi la ritirata e che, sebbene privato della vista, cercava di affondare le navi in fuga scaraventando massi dalla scogliera. Questi grandi “massi” formano un arcipelago costituito da piccoli scogli e isolotti rocciosi che dominano il paesaggio e, per collegamento con la storia mitologica da cui si fanno nascere, vengono chiamate anche “le isole dei Ciclopi”.
Ma non di solo mito si vive da queste parti. Il paese è famoso anche per essere stato scelto come sfondo del romanzo “I Malavoglia”, il capolavoro di Giovanni Verga. Aci Trezza, infatti, è il piccolo borgo marinaro in cui è stato ambientato il romanzo. I Malavoglia sono una famiglia numerosa di pescatori travolta da un destino crudele: la barca sulla quale lavorano, la “Provvidenza”, affonda causando la morte del capo famiglia e la pazzia della moglie.

Nel piccolo villaggio marinaro è ancora oggi possibile riscoprire i luoghi in cui la famiglia Malavoglia passava le sue giornate. Il porto del borgo di Aci Trezza è ancora animato da una intensa attività di pescatori e l’insenatura naturale in cui si adagia, di fronte ai Faraglioni, è identica a quella da cui salpava la Provvidenza di padron ‘Ntoni.
La “Casa del Nespolo”, dimora della famiglia dei Malavoglia, è oggi un piccolo museo che raccoglie oggetti relativi alla vita quotidiana dei pescatori così come narrata ne I Malavoglia.

Una breve escursione di una ventina di minuti in auto da Aci Trezza verso la più grande e famosa Acireale, poco più a Nord non deve mancare non fosse altro per gustare una delle granite migliori di tutta la Sicilia al caffè Cipriani seduti comodamente di fronte ad uno dei capolavori dell’arte barocca siciliana, la Basilica Collegiata di San Sebastiano, il monumento più importante di Acireale dichiarato monumento nazionale.

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