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Chef Riccardo Camanini, Profilo d’autore

Chef Riccardo Camanini, Profilo d’autore

Dove sei nato e cresciuto?

Sono nato il 29 Marzo 1973 a Lovere, nella sponda Bergamasca del Lago d’Iseo.

Ho un fratello, Giancarlo che gestisce con me il ristorante e si occupa della sala, del ricevimento e della parte amministrativa del Lido 84.

Chi è Riccardo Camanini?

Sono un tipo molto riservato che predilige la compagnia di amici molto stretti, frequentazioni familiari. Preferisco rimanere in casa e cucinare in compagnia di amici.

Ho una forte passione per i libri e per la corsa ma senza alcun fine agonistico.

Credo molto di più nei rapporti personali tra le persone, che possono avere un inizio e una fine piuttosto che nei vincoli imposti a far quadrare un cerchio.

Mi considero un Artigiano in cucina, i miei ospiti non arriveranno certo a toccare la perfezione – in quanto non è questo il traguardo di un artigiano – ma a provare una mia personale interpretazione;

la mia è una ‘bottega’ d’Autore in cui è l’identificazione del ‘fatto in casa’, qualcosa di riconoscibile unico in quel momento, attraverso la voglia e la volontà di migliorarsi.

La Primavera è un momento molto speciale dell’anno. Di cosa ti servi, e quali sono le caratteristiche in base alle quali scegli i prodotti da usare nelle tue creazioni di stagione?

Utilizzo materia prima al 90% locale e di stagione. La materia prima chiaramente e’ la mia principale fonte di ispirazione, e’ proprio la materia che indica il percorso.

Qual é la tua Filosofia Culinaria?

Non ho filosofie culinarie perche’ faccio il cuoco. Piuttosto quello che cerco di comprendere, e’ come valorizzare al meglio le materie prime dando, in qualità’ di artigiano, un punto di vista personale che ne caratterizza l’identità del Ristornate.

Se potessi collaborare con un qualsiasi artista culinario chi sceglieresti e perché?

Con nessuno, perche’ mi basta quello che ho.

Quali sono le tue aspirazioni gastronomiche per il 2020?

Non vivo di aspirazioni ma vivo di una quotidianità del far bene.

Quanto influisce nel creare una tua carta la formazione avvenuta a fianco di personaggi che per te risultano essere ancora un riferimento?

Tantissimo, e’ un mestiere che ho imparato come si usa dire “in bottega” e tali botteghe ne hanno chiaramente influenzato tecnica, metodo, approccio al fine di guidare il mio personale stile.

Quanto è importante l’estetica nella presentazione di un piatto?

E’ l’ultima cosa alla quale penso.

Parlami di una fantasia gastronomica nei tuoi sogni e perché?

Non saprei cosa rispondere. Vivo la cucina in molto piu concreto e materiale, quindi quando cucino qualcosa mi interessa che sia buono ed in equilibrio.

Le mie riflessioni

Di carattere taciturno e riflessivo, a 14 anni iniziò la scuola alberghiera, non per vocazione, ma attratto da quello che l’Alberghiera offriva; l’occasione di potere viaggiare nel mondo.

Il suo primo approccio lavorativo nel 1987, si rivelò abbastanza traumatico, in quegli anni la gastronomia non era propriamente interessata a una interpretazione artigianale, come lo è oggi, nelle cucine di allora era difficile alimentare la propria passione e trovare il giusto stimolo per riuscire a esprimersi attraverso il proprio lavoro.

Furono per lui anni di grande pazienza, non potendo cambiare la realtà delle cose.

Alla scuola si integrava esperienze di lavori serali e stagionali, fino alla grande opportunità nel 1993, entrare nella cucina di Gualtiero Marchesi pochi mesi, dopo l’apertura dell’Albereta di Erbusco.

Lì, ebbe la percezione immediata di quanto fosse diverso il mondo professionale di alto livello; dall’impatto più diretto con l’ambiente di lavoro, molto luminoso – emotivamente coinvolgente, marmi acciaio, tutto estremamente pulito da 25 a 30 cuochi. Tutti giovani, perfettamente vestiti e inamidati, estremamente ordinati e di diverse nazionalità; dove si parlavano tutte le lingue. Intuì durante la sua permanenza di tre anni da Gualtiero Marchesi quanta profondità ci fosse nel pensiero semplice del Maestro.

Apprezzò molto lo stile semplice di Marchesi come sua prima esperienza di un certo spessore sposando fin da subito l’idea della semplicità della gastronomia – della ricerca assoluta – della perfezione attraverso pochi strumenti – gesti e ingredienti. La vera arte di Marchesi stava nella sintesi, quindi nella risoluzione armonica della sua idea di cucina. Un’idea che lo conquistò e definì la sua identità professionale.

Intervista e fotografía di Giovanni Panarotto

Riflessioni di Riccardo Camanini

Intervista di chef Riccardo Camanini

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