di Filippo Freda Sommelier
Fotografia di Filippo Freda e Agricola Cianciulli

L’altra sera è saltata la corrente. Un black-out improvviso proprio mentre stavo guardando la mia squadra del cuore calciare un rigore. Mi rendo subito conto che la linea elettrica è OFF in tutto il palazzo e persino i lampioni della strada sono mestamente oscuri. Deve essere un guasto serio e generale; sono al buio maledizione!
Percorro pensieroso due volte il corridoio, su e giù. Dovrei avere delle candele da qualche parte. Apro un paio di cassetti, non vedo nulla. Spingo l’interruttore della luce.
Ah giusto! Che scemo, non c’è la corrente. Guardo dentro un armadio.
Eccola finalmente!
Una bella busta impolverata e piena di candele: piccole, rotonde, racchiuse in un involucro di metallo.
Ne piazzo una decina nei punti più disparati del salotto e poi le accendo una ad una. Quando arrivo all’ultima, la rotella dell’accendino BIC è incandescente e mi brucia il pollice.
Mi siedo di peso sul divano e istintivamente prendo il telecomando per accendere la TV, che ovviamente non si accende. Per la seconda volta mi dò dell’idiota.
Chiudo gli occhi per qualche secondo e poi li riapro: le candele illuminano ciò che mi circonda infondendo un fascino straordinario.
D’improvviso è apparso un mondo passato che non esiste più. L’oscurità ha ripreso il suo spazio naturale e la luce tenue delle candele è una dolce barriera fra sogno e realtà.
Tutto è silenzio; la danza primordiale del fuoco sugli stoppini è muta come l’ondeggiare delle ombre sulle pareti. I volti dipinti nei quadri appesi al muro hanno sguardi diversi, sembrano aver preso vita.
L’ assordante teatro della modernità si è interrotto e finalmente il mondo appare come realmente è.
Intuisco subito che questo è un momento prezioso, di cui devo far tesoro. Prendo il cavatappi e con grande emozione apro un vino importante, raro. Si tratta di un magnifico Fiano d’Avellino prodotto da Agricola Cianciulli. Le ombre e i volti sui quadri sembrano approvare la mia scelta, mentre, estasiato, mi attardo nell’annusare il tappo appena estratto.
Pino Cianciulli, patrón dell’azienda, è un uomo di altri tempi: elegante, fiero e con una innata propensione alla bellezza. Un artista del vino, capace di infondere la sua potente personalità alle uve che cura ed ai vini che crea. Arenara è il suo Magnus Opus: un vino che porta con sé le memorie di un mondo antico; un’alchimia di terra, vento e sogno.
Affascinato verso il millesimo 2021, che come un gioiello illumina il calice di giallo oro, dai riflessi quasi rarefatti. Questo Fiano viene prodotto dalle fatiche di viti impiantate nel 2009 su terreni argillosi e in parte sabbiosi, situati all’altitudine di ben 800 metri sul livello del mare. Le luci delle candele ed il giallo del vino sembrano fondersi mentre avvicino il naso al calice.
Inebrianti profumi di fiori bianchi e frutta irrompono intensi: nespole e agrumi, glicine, pinoli ed erba appena tagliata. Un tripudio di profumi. Apro la finestra e lascio che la notte entri a brindare con me.
Il pianeta è al buio e corre nel freddo universo, ma nel mio salotto le candele ed il vino mi proteggono in una bolla di calore e di gioia.
Porto il calice alla bocca e la montagna sgorga dentro me. Fresco, intenso, meravigliosamente sapido, questo Fiano suona le papille gustative con note celestiali. Vino di grande equilibrio, un cavallo di razza che dona lunga persistenza gustativa.
La bottiglia di Arenara finisce in un tempo indefinito, ma che io percepisco breve. D’improvviso la corrente ritorna. La stanza, le strade, il mondo si illuminano istantaneamente accecandomi.
L’illusione moderna si riprende la mia vita lasciandomi un senso d’impotenza. Il sogno è ormai dissolto, come “lacrime nella pioggia”.